In data 24 gennaio 2017, il quotidiano Il Piccolo di Trieste (giornalista Pietro Spirito) pubblica un articolo sul trattato di pace di Parigi. Ve ne proponiamo uno stralcio.
Così 70 anni fa una linea bianca divise in due Trieste
Il 10 febbraio 1947 venne firmato il trattato che cambiò il destino dell’Italia e di queste terre
di Pietro Spirito
TRIESTE Alle 11,15 del 10 febbraio del 1947, nella Sala dell’Orologio del Quai d’Orsay, il ministero degli Esteri francese, il segretario generale della delegazione italiana presso la conferenza di pace di Parigi, Antonio Meli Lupi di Soragna, siglò il Trattato di Pace fra l’Italia e le potenze alleate vincitrici della seconda guerra mondiale imprimendo nella ceralacca l’impronta del suo anello nobiliare. Non esisteva ancora un sigillo della neonata Repubblica Italiana, e del resto il governo italiano aveva mandato a firmare il trattato un semplice funzionario – e non un esponente politico come il ministro degli Esteri Carlo Sforza – proprio per sottolineare l’adempimento puramente formale dell’atto: l’efficacia della firma del Trattato di Pace era subordinata alla ratifica dell’Assemblea Costituente, cosa che avvenne il 31 luglio 1947 con 262 voti favorevoli, 68 contrari e 80 astensioni.
Dopo un’accesa diatriba fra il Capo Provvisorio dello Stato Enrico De Nicola e il ministro degli esteri Sforza, alla fine il trattato entrò formalmente in vigore il 15 settembre. Finiva così la seconda guerra mondiale, e mentre la nuova Repubblica si apprestava a voltare pagina per avviarsi alla ricostruzione di un Paese distrutto, diviso e sconfitto, nelle regioni del Nord-Est iniziava il calvario delle genti dalmate, della Venezia Giulia e di Trieste, designata Territorio Libero e consegnata alla pace divisa in due – Zona A e Zona B – e amministrata da una parte da un Governo militare alleato e dell’altra dalla Jugoslavia del maresciallo Tito.
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