Zeno D’Agostino e gli interessi Internazionali sul Territorio Libero di Trieste

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La situazione ad Honk Kong e’ riesplosa dopo una momentanea pausa dovuta all’emergenza coronavirus.  In breve  ( e non esaustivamente) Hong kong possiede uno status speciale dovuta ad una sorta di “mini-costituzione” chiamata anche  “2Basic Law”, o ancora “un paese, due sistemi”.  Questa Basic Law da una certa indipendenza ad Hong Kong dalla Cina, o almeno la dava.

Al momento attuale questo Sistema e’ minacciato dalla bozza di legislazione di sicurezza nazionale cinese che andrebbe a diminuire fortemente questa indipendenza.

Hong Kong e’ considerato un “Free market hub” con enormi investimenti occidentali, soprattutto americani, senza dazi per il commercio con gli Stati Uniti, oltre ad essere considerato un centro finanziario globale, proprio grazie al suo status speciale.

Le azioni cinesi hanno gia’ provocato reazioni.  Donald Trump ha minacciato – in uno dei suoi messaggi piu’ forti – di terminare lo status speciale di Hong kong, mentre il regno Unito (di cui Hong Kong era colonia) sta pianificando una possibilita’ di cittadinanza Britannica di massa per I cittadini che ne abbiano I diritti (si pensa, a 350.000 mentre altri suggeriscono numeri fino a 3 milioni di persone).

Cosa c’entra Zeno D’Agostino  in tutto questo?

Il Porto Franco Nord (detto Vecchio) di Trieste e’ zona franca internazionale. Tutta l’area potrebbe essere rapidamente attrezzata ed offerta a tutte quelle compagnie americane e occidentali che necessitano uno spostamento – anche temporaneo –  da Hong Kong durante la situazione attuale o successivamente.

Questo trasformerebbe il porto Vecchio in un Hub Finanziario internazionale (come si progettava già negli anni 90), portando ricchezza al Territorio e numerosi investimenti, soprattutto in un momento di crisi ed incertezza globale come questo.  Se necessario la zona franca si può anche estendere, offrendo possibilità di un rilancio della città e del Territorio.

A questo proposito però  e’ necessario rivalutare l’amministrazione italiana e declinarla, in vista di un’autonomia reale non vincolata da ingerenze estere, e per questo motivo e’ necessario interloquire direttamente con gli attori interessati, non attraverso un’amministrazione straniera in conflitto di interessi con il nostro territorio, o che crea azioni predatorie – come già accade per il porto – togliendo le entrate del Territorio al Territorio stesso contro ogni legge firmata e sottoscritta.

Poi, come d’ incanto ll 4 marzo 2020,   Il Consiglio dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, tira fuori dal cassetto la delibera n.233 che   contesta Il conferimento dell’incarico di Presidente dell’AdSP-MAO  Zeno d’Agostino che è  avvenuto in violazione della disciplina di cui all’art. 4 co. 1 lett. b) del d.lgs. n. 39/2013 ai sensi del quale “A coloro che, nei due anni precedenti, abbiano svolto incarichi e ricoperto cariche in enti di diritto privato o finanziati dall’amministrazione o dall’ente pubblico che conferisce l’incarico non possono essere conferiti  gli incarichi di amministratore di ente pubblico, di livello nazionale, regionale e locale;” così destituendolo dall’incarico con effetto retroattivo.

Ora il Porto di Trieste è Commissariato e Mario Sommariva investito di tale carica.

Dunque il governo Italiano, non poteva non sapere dell’inconferibilità dell’incarico a Zeno D’Agostino, in quanto  viene nominato, da parte dell’allora ministro Graziano Delrio, a presidente dell’Autorità di sistema. La legge 39/2013 è chiara, quindi il ministro delle infrastrutture la doveva conoscere o perlomeno il suo ufficio di Gabinetto doveva far notare la possibilità della inconferibilità, poiché lo stesso D’Agostino era già Presidente della TTP (Trieste Terminal Passeggeri) oltre ad essere Commissario dell’Autority. L’ulteriore errore è commesso in seno alle istituzioni periferiche, le quali non consigliavano a D’Agostino di lasciare la poltrona della TTP, come il Commissario di Governo Valenti ed il Sindaco Roberto Dipiazza.

Al momento non sembrano solo annullati gli accordi con la Cina, ma tutti gli accordi fatti dall’Autorità portuale negli ultimi 4 anni (girano notizie contrarie che affermano che i contratti sono ancora validi, ma al momento non sono suffragati da prove).

Prendiamo l’esempio dell’Ungheria. 100 milioni investiti nella zona dell’Aquila e cosa comporta la sentenza dell’ANAC per il loro paese, sia a livello economico che politico. Per l’Italia il danno di immagine è colossale, soprattutto perché continuano a girare le foto di D’Agostino che stringe le mani dopo gli accordi firmati e non più (o – in questo caso – mai stati) validi.

Inoltre ricordiamo che anche se non ci fosse stata incompatibilità, D’Agostino – in quanto Italiano, non poteva essere Presidente del Porto. Quindi al momento attuale, uno Stato estero che si vede stracciato un accordo non può che richiedere, per firmarne un altro, di applicare al 100% la legge, che significa tutti gli allegati del TdP del 1947 tra cui quello relativo al TLT. Infatti un governo estero non può rischiare ulteriori interrogazioni parlamentari e domestiche accuse per aver firmato dei contratti milionari che, per loro, si sono rivelati delle truffe (anche se inconsapevoli).

Quanti sono i paesi coinvolti e cosa comporta per il Porto e la città di Trieste deve essere immediatamente chiarito dal Commissario di Governo, oltre ai piani economici per l’emergenza Covid a cui non ha ancora risposto. Oltre a cosa comporta il commissariamento  del Porto e quali azioni sono state previste per evitare che ciò succeda di nuovo, a tutela degli interessi della città oltre che dei lavoratori coinvolti.

Inoltre la sentenza arriva tardi ma in in momento particolare: dopo i fatti di Hong Kong e le dichiarazioni USA di togliere lo status speciale, ma prima dell’approvazione del bilancio del Porto (con 9 milioni di utili in cassa). In teoria il Commissario può curare la sola parte amministrativa, e non è chiaro fin dove si possano spingere i suoi poteri, e se può esser incaricato di firmare il bilancio o – ancora- di stringere accordi internazionali o di ripristinare quelli dei quattro anni passati ormai invalidati.

A prescindere dal livello umano – D’Agostino ha lavorato bene in porto – non si può negare il fatto che fosse impossibile ‘non sapere’, e che l’ente anticorruzione italiano ha riconosciuto che – di fatto – c’è stata una frode… in questo caso nei confronti di mezzo mondo… e che l’Italia sta avendo da 70 anni il ruolo di Totò nella vendita della Fontana di Trevi. Ma questo non è un film, e gli interessi in gioco sono altissimi.

Questa ‘bomba atomica’ inoltre cade proprio quando le aziende di base a Hong Kong corrono il rischio di dover trovare un’altra sede… e quale luogo migliore del Porto di Trieste? (Sempre che non venga gestito da Totò…)

Sindaco, Commissario di Governo, tutti si dovrebbero dimettere – non potevano non sapere. Il sindaco parla di burocrazia italiana, ma questa non è burocrazia, è il  Consiglio dell’Autorità Nazionale Anticorruzione. Per quanto D’Agostino abbia lavorato bene, la legge va rispettata in tutte le sue parti!