“Le ideologie sono morte!” Tuonava Grillo qualche anno fa dal suo palco. Ma aveva torto. Noi siamo figli della Guerra Fredda, siamo stati abituati al dualismo comunisti/capitalisti, libertà/schiavitù, destra/sinistra.
Oggi le tv continuano a ripetere il concetto aggiungendo nuovi contenuti, come se esistesse il multilateralismo delle ideologie: populismo, nazionalismo, sovranismo , antifascismo… Una sfilza di “ismi” che vanno e vengono come le mode. Ma la gente – si è visto dai voti degli ultimi anni – non segue più le ideologie come faceva un tempo, perchè ormai – e nessuno lo dice – esiste un’unica ideologia: quella della sopravvivenza. E questa sopravvivenza non riguarda il popolo, la nazione, il gruppo sociale, ma solo l’individuo ed il suo benessere. E non è egoismo, si badi bene: nel “si salvi chi può” l’istinto guida all’autoconservazione della propria casa, dello stipendio, della pensione. Votiamo (per ora) candidati sperando che ci facciano sopravvivere un altro po’, che ci facciano arrivare alla fine del mese, che non ci tolgano quel poco rimasto. Quando l’ideologia primaria imposta dall’alto è la sopravvivenza, il futuro viene considerato solo nel breve periodo. Mi salvo ora, poi vedremo.
Ecco che nessuno più si focalizza più sulle generazioni future, su come sarà il paese tra 50 anni, sulle strategie e gli obiettivi a lungo termine. Si sopravvive, poi si vedrà. E magari si vota qualcuno illudendosi che possa portare un po’ di speranza, che forse “lui” cambierà le cose. Scenari da dittatura.
A Trieste le cose non stanno diversamente. Ad esempio, in passato si è votato chi ripara un marciapiede (necessario ma di ordinaria amministrazione e sempre nell’istinto di tappare i buchi, non di creare nuove fonti di benessere per la popolazione).
Alla resa dei conti nulla è cambiato, anzi, la situazione è peggiorata.
L’ideologia della sopravvivenza spinge a credere che c’è un costante bisogno del sacrificio dei cittadini, ma visto che le crisi non possono durare troppo a lungo, ce n’è sempre una nuova in agguato alla Tv o sui media.
Nella storia recente di Trieste c’e stata la guerra fredda, il rischio terrorismo, la crisi finanziaria… ora il Covid 19 . Ci hanno messo agli arresti domiciliari, e se lo hanno fatto una volta, lo faranno di nuovo, e questa volta sarà peggio.
Se Trieste fosse stata gestita come Territorio Libero, non avrebbe subito i danni che sta subendo.
Le stesse persone che sperano di non perdere la pensione in futuro non sarebbero mai state sfiorate da questo pensiero falso ed indotto. Sopravvivere nella situazione attuale non è la soluzione e non lo sarà mai.
Bisogna agire attivamente, proporre, creare nuove idee che – per quanto avveniristiche – danno l’idea di dove la città vorrà essere in futuro. E non è credibile che i Triestini vogliano vivere di crisi ed emergenze per i prossimi vent’anni (minimo). Trieste ha bisogno dei suoi cittadini e residenti – originari da qualunque parte d’Europa e del mondo – per proporre la sua idea di futuro che non può e non deve esser collegata ai destini dell’Italia, paese che per eccellenza vive di emergenze, in cui in pochi si arricchiscono ai danni degli altri.
Guardiamo al futuro con speranza, ed impariamo da quei popoli che ce l’hanno fatta. Invitiamoli a mostrarci, ad insegnarci come fare, ad evitare i loro errori. Oppure sopravviviamo inerti al nostro futuro di incerta sopravvivenza, vincolati dalle paure che gli amministratori stessi ci hanno inculcato a forza negli ultimi decenni.
Agiamo ora prima che sia troppo tardi, perchè non è ancora quel momento… possiamo ancora farcela.
Tutti Assieme!